“Mi fanno male tutti i muscoli!”. Quante volte si sentono, in palestra, affermazioni di questo tipo.
“ Stai tranquillo, è l’acido lattico. Tra qualche giorno l’avrai smaltito ed il dolore passerà.” Spesso la spiegazione, da parte dell’istruttore ed anche del medico, è esattamente questa. I luoghi comuni, nel campo dell’allenamento sportivo e del fitness, sono proprio duri a morire.
In questo breve articolo cercherò di spiegare come non ci sia correlazione tra dolore ai muscoli ed acido lattico.
Nel corso dell’esercizio fisico intenso viene prodotta molta energia attraverso la via metabolica della glicolisi anaerobica. Dalla degradazione del glucosio viene sintetizzato ATP (la benzina dell’organismo) e si forma acido lattico. La molecola di quest’ultimo, in ambiente intramuscolare, viene completamente dissociata in un protone (H+) ed in un anione, il lattato. Quando si parla di esercizio muscolare, è quindi più corretto parlare di lattato che di acido lattico. Il lattato, contrariamente a quanto pensano molti addetti ai lavori, non è una “tossina” che avvelena il muscolo. Esso è semplicemente un metabolita intermedio del processo di produzione energetica anaerobico lattacido. Lo smaltimento del lattato avviene mediante varie modalità.
La principale è rappresentata dall’ossidazione del lattato direttamente nel miocardio e nelle fibre muscolari ossidative a contrazione lenta (tipo I) adiacenti a quelle glicolitiche impegnate strenuamente nell’esercizio. Tale processo comporta un eccesso di VO2 (consumo di ossigeno), che corrisponde al pagamento del debito lattacido di O2. Tale debito è tanto maggiore quanto più è stato intenso l’esercizio e può raggiungere i 10 litri in atleti che praticano esercizi brevi e molto intensi. Parte del lattato viene convertita in glicogeno nel muscolo ed in glucosio nel fegato (ciclo di Cori). Infine, in misura nettamente minore, il lattato viene escreto col sudore e con l’urina. E’ importante sottolineare che tali processi avvengono anche durante il lavoro muscolare. Il residuo di lattato presente nel muscolo o nel sangue al termine dell’esercizio segue le stesse vie metaboliche. Il tempo di rimozione rispetta le caratteristiche di una funzione esponenziale: indipendentemente dalla quantità accumulata, dopo 15 – 17 minuti ne rimane la metà; dopo altri 15 – 17 minuti si ha un ulteriore dimezzamento. E così via. Il ritorno delle concentrazioni di lattato ai valori di riposo può durare da una a due ore.
Durante il recupero viene ripristinata anche l’omeostasi (equilibrio) acido-basica. Infatti la concentrazione di ioni H+ ritorna alla normalità dopo 30 – 40 minuti di recupero passivo o, meglio, attivo (attività aerobica blanda), durante i quali il sistema respiratorio elimina l’eccesso di CO2 prodotta dal tamponamento degli ioni H+ da parte dei bicarbonato.
Il dolore muscolare ad insorgenza ritardata, definito con l’acronimo DOMS (Delayed Onset Muscolar Soreness), insorge dopo alcune ore dal termine dell’attività muscolare e raggiunge la massima intensità dopo circa 48 ore. Poi, gradualmente, regredisce nei giorni successivi. Non vi è quindi una relazione di causa ed effetto con il lattato, tornato ben prima, come descritto, alla normale concentrazione dello stato di riposo.
Alla base della sintomatologia dolorosa vi sono delle vere e proprie microscopiche lesioni delle fibrocellule muscolari (soprattutto della membrana cellulare) e del tessuto connettivo dei tendini. Il danno muscolare può essere quantificato mediante il dosaggio di alcuni enzimi, come la lattatodeidrogenasi (LDH) e soprattutto la creatinfosfochinasi (CPK), oltre che di una metalloproteina (contiene ferro), la mioglobina (MG), i quali testimoniano l’esistenza di tali lesioni. In generale il dolore muscolare tardivo si presenta inevitabilmente, anche nell’atleta molto allenato, quando egli effettua un esercizio non abituale che sollecita intensamente un gruppo muscolare non allenato a quel particolare tipo di esercizio.
Occorre rilevare inoltre che, ancor più della quantità dei carichi di lavoro, è il tipo di esercizio fisico la causa del DOMS. La tesi attualmente più accettata è che sia il lavoro eccentrico, che attiva soprattutto le fibre rapide del tipo II B e caratterizzato da un’ elevata tensione con allungamento del muscolo, il principale responsabile dei marcati fenomeni di lesione delle miofibre.
Ad esempio, una corsa in discesa, molto meno faticosa di quella in salita, provoca, a differenza di quest’ultima, dolori tardivi molto più intensi.
Gli accorgimenti utili da suggerire ai meno esperti per ridurre, in parte, il DOMS, e per ottimizzare gli effetti del lavoro in palestra, sono i seguenti:
allenarsi con continuità. L’allenamento sporadico non serve. Viceversa può causare infortuni anche importanti ai muscoli ed alle strutture articolari.
Allenarsi con progressività, evitando il rischio di sovraccarichi, per favorire l’instaurarsi delle modificazioni muscolari e cardiorespiratorie note come “adattamenti”, che caratterizzano l’atleta allenato.
Recuperare adeguatamente tra un allenamento e l’altro. Bisogna ricordare che gli “adattamenti” si sviluppano non durante l’allenamento che, di per sé, è un evento stressante che altera l’omeostasi dell’organismo, bensì durante il riposo successivo. Il consiglio è di non riallenare un distretto muscolare prima che sia completamente passato il DOMS: per allenamenti strenui occorre far passare sei o sette giorni, durante i quali si possono allenare altri gruppi muscolari.
Alimentarsi correttamente, con una dieta bilanciata che comprenda quantità adeguate di frutta e verdura, e quindi di vitamine antiossidanti (A; E; C).
Eseguire, prima e dopo ogni allenamento, lo stetching con tecnica corretta. Soprattutto lo stretching posturale globale, evitando “compensi” dei muscoli adiacenti a quelli allungati, contribuisce a prevenire contratture e ad alleviare il dolore.
Chinesiologo
Damiano Francesconi
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Damiano Francesconi – Chinesiologo – Pt.iva: 03546850177 – CF: FRNDMN65P28B157V – “Centro Chinesiologico MF “ a Moniga del
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